di Barbara Faenza
Come dimostrano gli studi sui resti umani ritrovati nell’antico Egitto, la vita media era molto più breve rispetto alla nostra: per l’uomo era di 22-25 anni, per le donne di 35-37. Per l’élite le cifre cambiano poiché grazie ad un’alimentazione sana e ad una vita agiata, i ricchi potevano sperare di vivere più a lungo. Quando questo accadeva subentravano problematiche fisiche legate all’età come si legge nell’ “Insegnamento di Ptahotep“, un testo sapienziale risalente all’Antico Regno (2650-2175 a.C.) che mette in luce gli aspetti più negativi della vecchiaia:
“O sovrano, mio signore!
La vecchiaia si è prodotta, la senilità è calata,
il deperimento è venuto, la debolezza si è rinnovata:
sta coricato ogni giorno colui che è rimbambito;
gli occhi sono deboli, le orecchie sono sorde,
la forza deperisce essendo stanco il cuore,
la bocca è silenziosa e non parla,
il cuore è assente e non ricorda lo ieri,
le ossa dolgono per la lunghezza (dell’età).
Ciò che era buono è diventato cattivo
Ogni gusto se n’è andato
Quel che fa la vecchiaia agli uomini,
è cattivo in ogni senso (…) “
Proibito invecchiare!
In alcuni papiri medici del Nuovo Regno (1539-1069 a.C.) sono riportate numerose ricette di bellezza poiché si riteneva che la bellezza esteriore rispecchiasse quella interiore e quindi anche la salute della persona. Una di queste si intitola: “Come trasformare un vecchio in giovane” e si parla di un unguento fatto con farina e semi di trigonella (o fenugreco) che andava spalmata sul corpo:
“Se il corpo viene strofinato con l’unguento, la pelle diventerà bella e saranno eliminate macchie e le irritazioni di ogni tipo che siano sul corpo”
A garanzia del successo della ricetta si assicurava ch’era stata sperimentata un milione di volte.
Nei papiri si trovano anche numerose ricette di maschere di bellezza per combattere le rughe. In una di queste si legge:
“Incenso, cera, olio d’oliva fresco, cipero. Schiaccia, pesta, metti dentro latte fresco e applica sul viso per sei giorni. Vedrai il risultato!”
Sembra di essere davanti ai moderni slogan pubblicitari!
Esistevano anche rimedi contro la canizie dove gli ingredienti principali erano grasso di leone, d’ippopotamo, di coccodrillo, di gatto, di serpente, e di capra con cui si doveva ungere la testa di un calvo; e rimedi contro l’ingrigire dei capelli, in cui veniva utilizzato sangue di toro…
Eterna giovinezza
Le pitture dell’antico Egitto mostrano uomini e donne eternamente belli, giovani e in piena forma fisica come se il tempo per loro si fosse fermato. Poche volte ci imbattiamo in immagini di corpi pesanti e di visi segnati da rughe e quando accade siamo sempre e solo davanti al ritratto di un uomo, mai a quello di una donna. Le donne, a parte rarissime eccezioni, sono rappresentate sempre giovani e con una corporatura da adolescente. All’uomo era “permesso “ invecchiare perché ciò metteva in risalto una raggiunta saggezza e maturità mentre alla donna, come purtroppo accade ancora oggi, questo diritto era negato.
La pensione?
Nelle classi medio basse della società egizia gli anziani rimanevano in seno alla famiglia con il compito di tenere dietro ai bambini di casa. I nonni infatti sono stati da sempre figure importanti e fondamentali nello sviluppo di un bambino. Gli anziani che rimanevano in famiglia avrebbero lasciato la loro eredità ai figli che li avevano ospitati nella loro casa. Nel caso invece che gli anziani vivessero da soli i figli corrispondevano loro certi quantitativi di farro e di altri prodotti per il loro sostentamento, una sorta di rendita/ pensione.
Dalla città di Deir el Medina, luogo in cui abitavano gli artigiani, gli operai e gli artisti che costruirono le tombe della Valle dei Re, viene un documento molto interessante che risale al Nuovo Regno.
In questo documento Naunakhtè, una donna di modeste condizioni e sposata con un operaio della comunità dei lavoratori, nomina erede di quasi tutti i suoi beni una sola delle figlie, diseredando gli altri figli; ecco gli argomenti:
“Ho allevato questi otto figli ma vedete, sono invecchiata, ed ecco che, venuto il loro turno, non si occupano di me. Quanto a ciascuno di loro, che ha posato le sue mani sulle mie, gli darò dei beni, ma a colui che non mi ha dato nulla non darò i miei beni (segue la lista dei testimoni).”
Gli aristocratici ovviamente erano dei privilegiati e al raggiungimento di una certa età andavano in “pensione” ma allo stesso tempo conservavano il loro titolo e la rendita (lo “stipendio”); poteva accadere che uno dei figli venisse nominato dal faraone “bastone per la vecchiaia” con il compito di accudire l’anziano genitore e, al momento del decesso, subentrarne nella carica.
La raggiunta saggezza
All’inizio dell’articolo ho citato “L’insegnamento di Ptahotep “che è solo il preambolo di un lungo testo che contiene insegnamenti morali, etici e pratici per imparare a vivere come sapienti e non come ignoranti. Il saggio scrive una guida pratica alla vita e per farlo all’inizio del suo insegnamento mette in risalto la sua vecchiezza e di conseguenza la sua raggiunta saggezza. Subito dopo il preambolo sulla vecchiaia scrive:
“Iniziano i precetti di bel parlare che pronunciò il visir Ptahotep, istruendo l’ignorante al sapere e alle regole del bel parlare, cosa profittevole per chi l’ascolterà, ma nociva per chi le infrangerà”.
La vecchiaia, invisa e temuta, era però l’unica strada per poter raggiungere il bene sommo: la saggezza.
Barbara Faenza

